Per una nuova etica dell’intelligenza artificiale: le tecnologie rinnovano e cambiano l’umano
Opinione ampiamente diffusa è che l'Intelligenza Artificiale (IA) debba servire gli interessi umani, che restano al cuore dell'innovazione tecnologica e il fine della stessa. Si va così ripetendo che l'IA è (e deve essere) pensata e implementata tenendo presente l'eccezionalità umana, che si manifesta nella capacità esclusivamente personale dell’autonomia etica. In questo senso, l’avvento dell'IA non comporterebbe affatto radicali cambiamenti sul piano morale, e i valori oggi già diffusi dovrebbero semplicemente essere applicati anche all'IA prestando soltanto una maggiore attenzione al fine di evitare abusi, che risulterebbero gravi anche per via dell'aumento delle capacità dispiegate. D'altro canto, l'enorme aumento della potenza di calcolo degli elaboratori e l’ampia disponibilità di dati hanno reso efficace e praticabile il machine learning e il deep learning, e ciò sta comportando un salto significativo nel controllo dell'umanità stessa. L'aiuto offerto dall'IA non si limiterà solo ad allargare le potenzialità umane, ma comporterà una loro trasformazione, aprendo la strada a forme inedite di umanità. Per prendere solo un esempio, già ora l'IA comporta un cambiamento radicale della “privacy”, nozione che verrà ad assumere connotati diversi da quelli del passato. Come la bioetica ha comportato un'etica nuova (senza assoluti) rispetto all'etica tradizionale (con assoluti), così anche IA-etica comporterà un rinnovamento dell’etica invalsa: in particolare, l'estensione dell'etica dal dominio dell’umano a quello dell’artificiale potrebbe portare a considerare le tecnologie stesse moralmente rilevanti, o come agenti o come pazienti morali. Tutto ciò richiederà un ripensamento delle nozioni centrali dell’etica oggi diffusa, foriero di innovazioni non facilmente prevedibili, ma che vanno considerate.